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NOTIZIE ARCHEOLOGICHE BERGOMENSI 19 2011 1 “IL FILO DEL TEMPO” Studi di preistoria e protostoria in onore di Raffaele Carlo de Marinis a cura di STEFANIA CASINI Comune di Bergamo 3 Notizie Archeologiche Bergomensi, 19, 2011, pp. 411-425 ISSN: 1127-2155 Mobilità celtica. A proposito di una pedina da gioco centro-italica trovata in Gallia Manuela Diliberto-Thierry Lejars I congressi dell’Association française pour l’étude de l’âge du Fer (AFEAF) e le mostre che li accompagnano sono spesso ricchi di sorprese perché permettono di riscoprire monumenti inediti o sconosciuti agli specialisti. Sin dalla loro creazione alla fine degli anni 70 tali appuntamenti annuali rivestono un ruolo di primo piano nella diffusione della ricerca e nella valorizzazione dei fondi regionali. La mostra De pierre et de terre, les Gaulois entre Loire et Dordogne realizzata nel 2007 in occasione del XXXI incontro della AFEAF, ci ha spinto ad interessarci ad un oggetto in particolare: un gettone di vetro1. Proveniente dal sito di Vieux-Poitiers (Poitou), tale oggetto dall’aspetto ordinario ha catturato tuttavia la nostra attenzione. Il gettone, che si può identificare come una pedina da gioco o tessera lusoria2, appartiene infatti ad un tipo d’origine centro-italica datato fra il IV e il III sec. a.C., e quindi anteriore alla maggior parte degli esemplari trovati in Gallia e più generalmente a nord delle Alpi. La presenza della tessera in questo specifico contesto cronologico e geografico ci spinge dunque ad interrogarci su due questioni trascurate fin ad oggi dalla critica moderna. La prima pone il problema dell’origine dei giochi da tavolo a gettoni nel mondo celtico transalpino. La seconda, che trae spunto dalla prima, riguarda invece le modalità d’acquisizione e i vettori di tale trasmissione. Benché numerosi siano ancora gli aspetti da approfondire, appare certo che l’affermazione di questo tipo di gioco, che conoscerà una larga diffusione in epoca romana, non sia affatto dovuta a semplici scambi commerciali, bensì a spostamenti di singoli individui. Sappiamo che i grandi flussi migratori attestati dalle fonti storiografiche, difficilmente trovano riscontro nell’ambito dell’indagine archeologica. Al contrario, la mobilità individuale o di piccoli gruppi è più facilmente riscontrabile nel ritrovamento di oggetti isolati che potremmo definire esotici. La presenza della parure femminile, ad esempio, che costituisce un eccellente marcatore culturale, è stata spesso interpretata in questo senso, sia per gli spostamenti di piccole comunità, sia per gli scambi matrimoniali3. Il gettone pittavino, conservato in una collezione privata e ritrovato nel 1969 in occasione dei lavori di sterro precedenti la costruzione di una residenza privata (non se n’è potuto quindi individuare il contesto stratigrafico4), misura 2 cm di diametro, 7 mm d’altezza (fig. 1); ha la parte superiore bombata e la base, leggermente concava, rossa nel centro. La sua peculiarità non consiste tuttavia nella forma, quanto piuttosto nel colore, un blu cobalto ravvivato da un decoro bianco con due spirali a “incastro”, assai singolare. Queste ultime caratteristiche lo rendono diverso dalla maggior parte degli esemplari conosciuti. Le forme in vetro attestate nel territorio celtico transalpino si distinguono infatti per un tipo di pasta blu, nera o bianca, qualche volta ravvivata da puntini o motivi a piccole spirali, come si osserva sui gettoni provenienti da una tomba di Welwyn Garden City, in Inghilterra. Nonostante molti di questi ritrovamenti non siano datati con precisione, è facilmente dimostrabile la loro posterità rispetto al gettone di Vieux-Poitiers, come si può constatare per gli esempi provenienti da un contesto funerario. 1) LEJARS 2007-b, p. 245. Polenz sui depositi di monete nelle tombe femminili d’Europa centrale di La Tène medio: KRUTA 1985 e POLENZ 1982. 2) CHIERICI 2001. 3) A questo proposito si possono consultare i lavori di V. Kruta sugli anelli da caviglia in Champagna o ancora gli studi di H. 4) Cogliamo in questa sede l’occasione per ringraziare i signori Goulet per averci molto generosamente mostrato i pezzi della loro collezione. 411 Fig. 1: Gettoni di vetro blu con decoro a spirale, VieuxPoitiers (Nantré). La tessera non è tuttavia l’unico oggetto ad essere stato ritrovato a Vieux-Poitiers. L’insieme da cui proviene comprende diversi altri oggetti che attestano una frequentazione del sito in epoca gallica, come la ceramica non tornita, i componenti di una parure (braccialetti di lignite e di vetro e alcune perle in pasta vitrea) e una ventina di monete galliche, senza contare la presenza di altri gettoni, ugualmente di vetro, di colore verde traslucido, neri o marroni-beige e di due dadi da gioco in osso di forma parallelepipeda, tutti oggetti meno caratteristici e di conseguenza più difficilmente databili. Il sito di Vieux-Poitiers, che dipende dal comune di Naintré, nella Vienne (fig. 2), è soprattutto noto per l’agglomerazione di epoca galloromana e le vestigia del teatro5. Nel 1976 la siccità ha messo in evidenza l’estensione dell’agglomerato (circa 65 ettari) portando alla luce il sistema stradale e qualcuno dei principali edifici pubblici e religiosi. Impiantatosi nella parte nord del territorio pittone, l’abitato si estende lungo la riva destra del Clain, nei pressi della confluenza con la Vienne. I primi ritrovamenti risalgono al XVIII secolo, come ad esempio la stele (2,60 m) che porta l’iscrizione gallica in caratteri latini RATIN BRIVATIOM, FRONTV.TARBEISONIOS, IEVRV, e che secondo P.-Y. Lambert si riferirebbe alla fondazione di un edificio pubblico6. Se l’oggetto della dedica, RATIN, non è ancora stato identificato con chiarezza, il termine BRIVATIOM rinvia senza dubbio alla comunità locale detta Briuà, uno dei rari nomi di città galliche attestate dalle fonti epigrafiche. Negli anni 1969 e 1974, in occasione di alcuni scavi di salvataggio nella parte del sito denominata Fonds de Berthons, è stato possibile riconoscere per la prima volta la presenza di corredi lateniani (ceramica, vetro, lignite, monete in lega d’oro e d’argento) e di importazione (anfore italiche) in strati d’occupazione di epoca gallica. Le buche di palo e alcuni frammenti di intonaco farebbero pensare, fra l’altro, alla presenza di costruzioni. Nel 1974 e 1989 vennero portate alla luce delle costruzioni adibite a deposito (silos), e durante il prosieguo dei lavori, nel 1982, vennero ritrovati altri corredi, delle monete galliche e soprattutto una straordinaria fibula di bronzo rivestita di placchette d’avorio scolpite a forma di “S”, fissate da rivetti su un supporto organico. La fibula, il cui decoro presenta delle chiare analogie con lo Stile Plastico, può essere attribuita ad una fase antica di La Tène C7: le rare testimonianze conosciute, come Pleurs, e, soprattutto, la tomba 2 della necropoli dei Perrières à Saint-Benoît-sur-Seine (Aube), rendono plausibile una tale datazione. È opportuno segnalare, inoltre, la scoperta fortuita nei Berthons, nel 1988, di un insieme di oggetti metallici composto essenzialmente da armi datate II sec. a.C.8 e da un pezzo di insegna in bronzo traforato, rappresentante la criniera di un cinghiale. Il deposito, in parte scavato, è stato delimitato a nord e a sud dalle mura di un complesso monumentale romano. Tali vestigia testimoniano dell’esistenza di un luogo di culto di carattere militare o quanto meno di un monumento commemorativo. Nonostante i dati in nostro possesso siano ancora in parte incompleti, la sola presenza di questo insieme di oggetti è sufficiente per confermare non solo l’antichità dell’insediamento, ma anche l’importanza di tali luoghi di culto rispetto alla formazione e allo sviluppo degli agglomerati antichi. È dunque a questa fase non ben definita di fine III-inizio II secolo a.C. che bisognerà attribuire i frammenti di anfore greco-italiche e una parte delle parure in lignite e vetro (bracciali blu cobalto con nodosità o modanatura centrale) trovati nei Fonds de Berthons. 5) BOURGEOIS 2000; MAGUER 2007; BELLIARDOLLIVIER 2008. LEJEUNE 1982, p. 561; LAMBERT 1997, pp. 92-94. 7) GOMEZ DE SOTO 2007. 6) DE LONGUEMAR 1854; LEJEUNE 1980, pp. 110-118; 8) LEJARS 2007-a. 412 Fig. 2: Carta dei principali siti menzionati. 1) Mozé-sur-Louet, Chaloignes; 2) Naintré, Vieux-Poitiers; 3) Aulnat, La Grande Borne; 4) La Tène; 5) Dühren; 6) Adria; 7) Spina; 8) Arcevia, Montefortino; 9) Osimo, San Filippo; 10) Filottrano, Santa Paolina; 11) Moscano di Fabriano; 12) Perugia; 13) Todi; 14) Asciano, Poggio Pinci; 15) Populonia, San Cerbone; 16) Aléria. Allo stato attuale di conoscenza non è tuttavia possibile rivendicare una datazione alta per il contesto degli oggetti più antichi, sia che si tratti della fibula decorata, sia che si tratti dei gettoni di vetro. Per insolito che sia nel panorama celtico transalpino, il gettone-pedina di Vieux-Poitiers non è tuttavia un esempio isolato. Un gettone di vetro della stessa fattura è stato ritrovato di recente a sud della Loira a Mozé-sur-Louet, vicino Angers (Maine-et-Loire), a un centinaio di chilometri dall’insediamento pittone, nella località denominata Chaloignes. Minacciato dall’intervento dei lavori per la costruzione dell’autostrada A87, il sito è stato identificato nel 1998 e scavato nel 19999. Gran parte del materiale recuperato, composto principalmente da ceramica, resti ossei e frammenti vari, proviene da una fossa dai contorni maldefiniti (struttura 146) situata alla periferia del piccolo insediamento rurale. L’insieme è datato La Tène medio. Fra tali oggetti bisogna segnalare una fibula di ferro del tipo La Tène II ad arco rettangolare e molla a quattro spire, delle perle di vetro, dei frammenti di bracciale in vetro e in lignite (Gerhard type 8b) e dei resti umani. È precisamente da questo insieme che proviene tale gettone (fig. 3). Se la datazione del materiale ceramico oscilla fra il III ed il II sec. a.C., la fibula e i bracciali ci permettono di attribuire l’insieme degli oggetti ad una fase avanzata di La Tène C1. 9) LEVILLAYER 2006. 413 I contesti archeologici di Chaloignes e VieuxPoitiers ci autorizzano comunque ad una datazione alta che comprenda tutto il III secolo a.C., ma a voler delineare più precisamente la cronologia, si può far ricorso a scoperte del tipo analogo attestate in Italia centrale. Ed è proprio nelle Marche e lungo tutto il litorale nord adriatico, in Toscana e Umbria, cioé nelle regioni occupate dagli Etruschi, gli Umbri ed i Senoni, che si ritrova la maggior parte dei gettoni di vetro blu con decorazione a spirale biancastra o giallastra. I contesti che li riguardano Fig. 3: Gettone di vetro blu con decoro a spirale, appartengono esclusivamente alla sfera funeraria Chaloignes (Mozé-sur-Louet) ed è interessante notare come alcuni di essi siano (d’apr. LEVILLAYER 2006). caratterizzati dalla presenza di oggetti di tipo lateniano. Nelle Marche, ad esempio, a Moscano di Fabriano, Filottrano, Osimo e a Montefortino, i gettoni si incontrano in diverse necropoli attribuibili ai Senoni. A Moscano di Fabriano si trova una delle tombe più antiche e ricche del territorio senone, celebre per la sua fibula in bronzo con decorazione a palmette, ma ancor più per il fodero di ferro ricoperto nella parte anteriore da una placca di bronzo a sbalzo, di stile Waldalgesheim, identificata e pubblicata per la prima volta da O.H. Frey nel 197110. Il corredo della sepoltura comprendeva inoltre un elmo bronzeo, del tipo Montefortino, con paragnatidi trilobate in ferro ed i resti in metallo della bardatura di un cavallo con falere e parti della cavezza11. Una serie di oggetti in bronzo di produzione etrusca e campana (stamnos, tripode, situla, oinochoe, colino, kylix, alcuni kyathoi, ecc.) e diversi vasi attici a figure rosse (cratere a campana del Gruppo G, cratere a calice, pelike, skyphos, lekane, kylix, ecc.) e a vernice nera legati al cerimoniale simposiaco, completavano l’insieme. Il guerriero inumato disponeva inoltre del necessario per le cure del corpo e l’attività atletica (strigile e vaschetta bronzea per “borsa a gabbia”) e di diverse pedine da gioco (quattro gettoni di vetro: uno blu, uno blu con decoro spiraliforme e due bianco opaco). L’attribuzione del cratere a campana (Gruppo G) al Pittore di Filottrano ha contribuito ad abbassare di qualche decennio la data stabilita inizialmente per la tomba (secondo quarto del IV secolo a.C.) ed a privilegiarne una più bassa (terzo quarto del IV secolo)12. A Santa Paolina di Filottrano i gettoni blu con decoro a spirale si sono rinvenuti in due sole tombe (fig. 4). Nella tomba II, celebre per il torquis d’oro decorato in stile Waldalgesheim, ve ne sono stati ritrovati cinque. I primi quattro hanno un decoro a spirale biancastro, mentre il quinto, giallastro13. La sepoltura femminile ad inumazione, dal corredo ricco e abbondante (numerosi i gioielli in oro), è datata, come la tomba di Moscano di Fabriano, al terzo quarto del IV secolo a.C.14. Nella tomba XXI, invece, il numero dei gettoni di vetro, rinvenuti insieme ai resti di tre dadi, è di ventuno (sei bianco opaco, cinque blu, quattro blu con decoro a spirale bincastra e sei blu a spirale giallastra)15. Il corredo comprendeva inoltre diversi gioielli d’oro (collana con ciondoli, anelli e un bracciale), degli anelli d’ambra, uno specchio di bronzo e un piccolo unguentario. Il corredo femminile della tomba 9 di San Filippo di Osimo, particolarmente ricco, comprende, oltre ai tre anelli, le due collane con perle e ciondoli d’oro, le perle di vetro e di ambra, l’unguentario di pasta vitrea, i recipienti di bronzo e di legno placcati di lamelle bronzee e d’osso, anche un dado d’avorio e otto gettoni di vetro (due bianchi, due blu con decoro a spirale giallastra e quattro blu con spirale biancastra). L’insieme è datato alla metà del IV secolo a.C. 10) FREY 1971 e 1992; KRUTA 1992; VITALI 1996, pp. 594595; RAPIN 2008, pp. 243-245. 13) BAUMGARTEL 1937, p. 238, tav. XXVI:4. 11) LANDOLFI 1991; PERCOSSI SERENELLI et Al. 2000, pp. 159-162. 14) BAUMGARTEL 1937, pp. 235-248; LANDOLFI 2000, pp. 80, 85. PERCOSSI SERENELLI et Al. 2000, pp. 166-167. Presenza di un cratere a campana attribuito al Pittore di Filottrano. 12) LANDOLFI 2000. 15) Museo Archeologico Nazionale delle Marche, Ancona. 414 Fig. 4: Gettoni di vetro blu con decoro a spirale. I venti gettoni vitrei della tomba 23 della necropoli di Montefortino, accompagnati da tre dadi in osso16, hanno diversi colori: uno nero, due bianchi e diciassette blu, quattro a tinta unita e tredici con decoro a spirale, biancastro su sette e giallastro su sei. Questi ultimi, che presentano una spirale a voluta semplice, differiscono da quelli con le due trame di spirale a incastro da noi conosciuti (fig. 4). La datazione di questa tomba femminile, una delle più ricche della necropoli (un torquis, bracciali, orecchini e un anello d’oro), è ancor oggi assai controversa. Se V. Kruta la colloca infatti nei primi decenni del III sec. a.C., M. Landolfi propone una datazione di fine III a.C., in un’epoca, cioé, posteriore alla deductio d’Ariminum del 26817. Ad Adria e Spina, gli insediamenti etruschi del litorale nord-adriatico, sono stati allo stesso modo ritrovati diversi gettoni con decoro a spirale. Nella tomba 57 della via Spolverini ad Adria, una delle più ricche della necropoli, sono stati scoperti undici gettoni, di cui tre neri, quattro gialli e quattro blu con decoro spiraliforme biancastro18. La presenza di un cratere a campana attribuito al Pittore di Filottrano permette di datare l’insieme al terzo quarto del IV sec. a.C. La tomba 4 della necropoli di Valle Pega a Spina, datata seconda metà del IV a.C. (ceramica attica a figure rosse e a vernice nera sovradipinta), si evidenzia per la presenza di un dado da gioco di osso e di due gettoni di vetro blu con decoro a spirale biancastro19. 16) BRIZIO 1901, pp. 72-75, 134, tav. V; LANDOLFI 2002. 17) KRUTA 1981; ID. 2006; LANDOLFI 1991, 2000 e 2002; VITALI 2003, p. 37. 18) Museo Archeologico Nazionale di Adria. BONOMIZEGA 2008, p. 50. 19) Museo Archeologico Nazionale di Ferrara. BERTIGUZZO 1994, pp. 321-324, nn. 703 e 704. 415 In Umbria, i gettoni con decoro a spirale si incontrano principalmente a Perugia e a Todi20. A Perugia sono documentati in due tombe di guerriero della necropoli del Frontone. La tomba Febbraio 1886 ha restituito quattro dadi d’osso, quindici gettoni vitrei, di cui quattro traslucidi, tre blu, otto blu con decoro a spirale biancastro e un gettone di calcare21. Il corredo comprendeva, oltre ad un kantharos miniaturistico e a delle piccole tazze, un’olpe e uno strigile di bronzo, un elmo conico considerato di tipo “celtico” anch’esso di bronzo, una punta di picca bronzea a quattro costole, una machaira, due punte di lancia di ferro e una laminetta d’oro decorata a sbalzo. Il corredo della seconda tomba, la 14 giugno 1886, comprendeva due dadi d’osso, undici gettoni di vetro, di cui quattro blu, cinque blu con decoro a spirale biancastro e due blu con decoro a spirale giallastro22 e ancora dei vasi di ceramica (un kantharos miniaturistico, tre bicchieri e delle ciotole), dei recipienti di bronzo fra cui un’oinochoe, due strigili di bronzo, due schinieri, un elmo con estremità a bottone e paragnatidi trilobate, una punta di lancia, una machaira e una spada a doppio taglio con fodero di ferro di tipo lateniano23. Le datazioni proposte per le due tombe – attorno alla metà del IV sec. a.C. per la prima, e la seconda metà o la fine del IV sec. a.C. per la seconda – corrispondono alla datazione delle tombe senoni. A Todi questo tipo di tessera lusoria è presente anche in almeno due sepolture di guerriero della necropoli della Peschiera: le tombe V e XXVII24. Si tratta di cavalieri armati di spade lateniane ed elmi bronzei a bottone. Nella seconda tomba, la XXVII25, conservata al Museo Archeologico di Villa Giulia a Roma, sono stati ritrovati un dado d’osso e ventidue gettoni di vetro, di cui dieci blu e dodici in parte blu con decori spiraliformi biancastri e in parte gialli con decori spiraliformi verdi (in qualche caso si tratta di varianti del decoro a spirale, fig. 4)26. Il corredo comprende inoltre tre coppe di vernice nera, uno strigile di bronzo ed il cranio di un cavallo con il morso in ferro. Per quanto riguarda invece il corredo della tomba V, acquisita dal Museo Archeologico di Firenze nel 1892, son presenti dodici gettoni vitrei, di cui tre blu e otto blu con decoro spiraloide biancastro (i cui motivi riprendono quelli della tomba XXVII), un kyathos, un askos di bronzo e diverse borchie a protome di grifo, probabile ornamento di sarcofago o mobilio. È importante segnalare, oltre le armi (spada, lancia ed elmo bronzeo a bottone con paragnatidi anatomiche e corna di lamina), la presenza del cranio di cavallo deposto col morso di ferro, come per la tomba XXVII. Il tipo d’elmo guarnito di corna fa parte invece di una piccola serie datata alla fine del IV, inizio III sec. a.C. Sebbene si trovino in cattive condizioni e non siano state restaurate, le spade con fodero, caratteristiche della produzione di fine La Tène antico, sembrerebbero confermare questa datazione. Nel Museo Comunale di Todi sono conservati anche alcuni gettoni del tipo da noi trattato il cui contesto, sconosciuto27, è facilmente identificabile grazie agli inventari delle tombe scavate nell’800 che ne confermerebbero la presenza nei corredi di IV e III sec. a.C. Di gettoni vitrei dall’aspetto simile se ne incontrano in Toscana in diversi contesti funebri come Poggio Pinci, vicino Asciano28, e nella necropoli di San Cerbone a Populonia (tomba A, fossa 30) dove sono stati recuperati tre dadi d’osso e sette gettoni di vetro giallo e blu con decoro spiraliforme29. I due corredi sono datati fine IV-inizio III sec. a.C. 20) Cogliamo qui l’occasione per ringraziare la direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Perugia, dott.ssa Dorica Manconi e la dott.ssa Mafalda Cipollone, per la gentile accoglienza riservataci e per averci consentito di studiare i corredi con armi lateniane delle necropoli perugine. Vogliamo allo stesso modo ringraziare le dott.sse Anna Rastrelli e Gabriella Campini del Museo Archeologico Nazionale di Firenze per averci mostrato il corredo della tomba V di Todi. 24) CHERICI 2001, pp. 183-184. 21) PAOLETTI 1923, tomba II, pp. 13-14; CHERICI 2002, pp. 112-113. 28) MANGANI 1989, p. 96, n. 38. La tomba V, che conteneva i resti inumati di un uomo e di una donna, è datata fra la seconda metà del IV e l’inizio del III sec. a.C. 22) CHERICI 2002, pp. 117-119; PAOLETTI 1923, tomba IV, pp. 16-17. 23) L’attribuzione di un asse sestenario (PAOLETTI 1923 e CHERICI 2002, p. 118) a questo corredo è dubbia se si considera il contesto della tomba e la datazione bassa in genere stabilita per questo tipo di moneta, e cioé dopo il 211. 416 25) BENDINELLI 1915, pp. 654-655. In questa pubblicazione la tomba XXVII porta il numero VII. 26) BECATTI 1935, pp. 289-290. 27) FALCONI AMORELLI 1977, pp. 200-202, tavv. C-CI. 29) CAMPOREALE 1985, pp. 188-193. Il corredo è inoltre composto da un diadema e da un anello d’oro, da un ago d’osso, un bracciale serpentiforme, uno strigile di bronzo, sette oinochoe, tre situle di bronzo, otto vasi etruschi – tre a figure rosse e cinque a decoro sovradipinto – quattro vasi di ceramica a vernice nera e un vaso di ceramica comune depurata. Tali tesserae lusoriae si ritrovano fino in Corsica. Nella necropoli etrusca di Aleria, nella tomba 148 – una sepoltura multipla in uso dalla seconda metà del V fino alla metà del III sec. a.C. – sono stati rinvenuti due dadi d’osso, tredici gettoni di pietra (in serpentino, scisto e porfido) e quattro di vetro, di cui uno blu e tre blu con decoro spiraliforme30. Solo le inumazioni più antiche (quelle di una donna e di un uomo) disposte sulla kline laterale sembrano associate al corredo che occupa tutta la parte centrale. I vasi attici a figure rosse, il vasellame di bronzo ed i gioielli son presenti in gran numero. I gettoni di vetro erano deposti vicino alla testa dell’uomo31, mentre una pelike e le armi (una punta di lancia ed una machaira?) vicino ai piedi. Una datazione di fine V sec. a.C. del corredo delle tombe più antiche, fissata sulla base del materiale ceramico, contrasta nettamente con quella più bassa avanzata in precedenza. Nella tomba 129 C, datata 300/280 a.C., sono stati rinvenuti sei gettoni di vetro di cui tre blu striati di bianco, uno grigio-blu scuro, uno verde e uno bianco32, mentre nella sepoltura ad inumazione 129 D, datata 275-250 a.C., ne sono presenti tre di colore blu scuro33. Ad eccezione della tomba 148 di Aleria, l’insieme dei siti conosciuti in Italia permette di stimare, per l’utilizzo di questo tipo di gettone vitreo blu a decoro spiraliforme biancastro, un lasso di tempo che va dalla seconda metà del IV sec. a.C. ai primi decenni del III, ovvero, in termini di cronologia relativa lateniana, un arco temporale che comprenda la fine del La Tène B1 e il La Tène B2. Tutt’altro discorso per i gettoni di Montefortino che oltre ad essere, come abbiamo visto, più recenti, sono fra l’altro tipologicamente diversi. Difatti la cronologia dei siti italiani, leggermente più alta di quelli transalpini, permette di stabilire una durata d’impiego di questo tipo di gettone da gioco più ampia. Bisogna tuttavia ricordare che i gettoni transalpini, a differenza degli esempi italiani, non sono stati rinvenuti in un contesto funerario, bensì nei materiali di sterro di complessi abitativi. È lecito quindi domandarsi se gli esempi dei gettoni delle Chaloignes e di Vieux-Poitiers ci consentano di affermare che i Celti transalpini adottassero l’uso dei giochi da tavola con dadi e pedine. Il ritrovamento insieme ai gettoni di Vieux Poitiers di due dadi d’osso di forma parallelepipeda ce lo lascerebbe in effetti credere. Bisogna tuttavia sottolineare che le circostanze della scoperta non ci permettono di stabilire con certezza che i dadi fossero associati ai gettoni. Conviene dunque a questo punto ampliare il campo della nostra ricerca e soffermarci su qualche esempio dello stesso tipo. Sappiamo che in contesto transalpino i giochi da tavolo, dadi e pedine di origine mediterranea anteriori al IV sec. a. C. sono estremamente rari. Ciononostante J. Déchelette segnala la scoperta di un piccolo dado parallelepipedo di pietra in un tumulo della Borgogna a Magny-Lambert (tumulo di Bois de la Meusse)34. Sebbene il dado sia stato trovato, con una pietra per affilare, nel materiale di sterro recuperato fra due tombe femminili datate La Tène A35, tale datazione suscita qualche interrogativo se si considera il luogo particolare della scoperta, l’inesistenza per quest’epoca di un oggetto simile a nord delle Alpi e il fatto che esso differisca di molto dagli esemplari etruschi coevi. L’unico esempio conosciuto in Francia di epoca così alta è il dado d’osso di Lattes. Proveniente da livelli del secondo quarto del V secolo a.C., si suole considerarlo un’importazione etrusca: i vari elementi di gioco da tavolo ritrovati nell’emporio di Lattara sono difatti generalmente attribuibili alla fine dell’età del Ferro o all’epoca romana36. Nonostante i dadi e le pedine d’origine mediterranea siano estremamente rari a nord delle Alpi, si è voluto ancora attribuire un impiego ludico37 a certi oggetti d’osso di forma mezzo cilindrica, lisci o segnati, trovati nei livelli hallstattiani di Vix. Se questi pochi esempi non permettono di escludere definitivamente la pratica del gioco da tavolo con dadi e pedine in queste epoche remote al nord delle Alpi, mostrano quantomeno la rarità del fenomeno che allo stato attuale della ricerca, è improbabile far risalire oltre l’inizio del III sec. a.C. 30) JEHASSE 2001, pp. 196-200. Fotografia in b/n; il colore della spirale non è indicato. 31) I dadi ed il gettone di pietra sono stati invece trovati nella fossa centrale insieme al materiale ceramico; JEHASSE 2001, p. 196. 33) JEHASSE 2001, p. 146. 34) DÉCHELETTE 1914, p. 1396, fig. 623:6. 35) CHAUME 2001, p. 454, pl. 107. 36) PY 2009, p. 261. 32) JEHASSE 2001, p. 145: Demi-lentilles dont la base est creusée d’une dépression, sans doute utilisée pour la “fixation” à la manière de “boutons” vestimentaires. I gettoni vengono qui descritti come accessori da abbigliamento. 37) CHAUME 2001, pp. 156-157, pl. 39 (721 à 731). 417 Vorremmo a questo punto soffermarci su tre siti che si trovano in Francia, Svizzera e Germania. Nel primo caso si tratta di un abitato, nel secondo di un insediamento cultuale e nel terzo di una sepoltura. Il sito La Grande Borne ad Aulnat, vicino a Clermont-Ferrand, è noto per la chiarezza dei livelli stratigrafici in cui si susseguono le tracce delle diverse occupazioni, dal Neolitico medio a La Tène finale, con un picco di frequentazione nel III e II sec. a.C. L’originalità di questo abitato gallico è dovuta all’estrema antichità dell’occupazione, alla densità dei ritrovamenti e alla loro diversità. I dati di scavo pertinenti ai livelli di frequentazione più antichi dello chemin 8, uno degli assi di circolazione di Aulnat, sembrano tutti anteriori alla metà del III sec. (ceramica, fibule e parure presentano inoltre i tratti caratteristici di La Tène B2). Fra i numerosi oggetti rinvenuti38 sono almeno cinque i dadi d’osso di forma parallelepipeda, tre i gettoni d’osso e due quelli di pasta vitrea, uno blu e uno verde. Questi ultimi, come quelli esaminati in precedenza, provengono senza dubbio da ambiente etrusco-italico. La tomba 23 di Montefortino di cui abbiamo già parlato conteneva infatti dei gettoni blu, bianchi e neri (sono attestati in ambiente italico anche gettoni verdi e gialli). Per quanto riguarda invece i dadi, stretti, vistosamente allungati e numerati da uno a sei e da tre a sei, si può senz’altro affermare che essi siano di tutt’altra fattura di quelli utilizzati in ambiente mediterraneo. Nel sito di La Tène (cantone di Neuchâtel, Svizzera) sono stati rinvenuti degli elementi di gioco da tavolo che meritano ugualmente la nostra attenzione sia per la qualità che per le circostanze particolari della scoperta (fig. 5)39. L’insieme, celebre per i suoi depositi di metallo (in particolare per le componenti dell’armamento), sembrerebbe essersi costituito alla fine del III sec. a. C. L’omogeneità tipologica e cronologica dei corredi, così come l’aspetto militare dominante, permettono di ipotizzare una durata di frequentazione del sito relativamente breve e di vederne al tempo stesso un utilizzo di genere commemorativo-cultuale (del tipo del trofeo40). Nonostante la storia degli studi del sito presenti delle incertezze dovute in parte anche alle condizioni dell’insediamento per lungo tempo immerso nell’acqua, siamo tuttavia in grado di fissare, per l’insieme degli oggetti del deposito, una datazione determinata dall’analisi delle armi e delle fibule, principali fossili di riferimento per la cronologia41. La parte degli oggetti conservata a Bienne comprende un dado da gioco parallelepipedo in osso42 numerato da tre a sei, e dieci gettoni di pietra levigata. Un secondo dado, questa volta di bronzo, numerato da uno a sei e proveniente dalla collezione Dardel, fu acquisito in seguito dal vecchio Museum für Völkerkunde di Berlino. I gettoni di pietra hanno una forma di sfera tronca alla base43. Vista la somiglianza degli uni con gli altri si può facilmente concludere che essi facessero parte di un unico lotto. Nulla però permette di assicurare che la serie recuperata fosse completa. F. Keller fu il primo a identificarli come elementi di gioco da tavolo. Costatò infatti che la perfezione della loro sfericità si sarebbe potuta ottenere attraverso tecniche usate nelle fabbriche delle pedine da gioco in marmo44. Gli unici elementi che differenziano tali gettoni l’uno dall’altro sono la grandezza ed il colore (bianco, grigio, grigio scuro e grigio-nero). Se ne possono infatti distinguere due gruppi. Il primo riguarda gli esemplari più piccoli, fra gli 11 ed i 16 mm di diametro, il secondo quelli più grandi, con un 38) GUICHARD-ORENGO 2000. Ai 4000 frammenti ceramici corrispondenti come minimo a 600 forme, bisogna aggiungere una trentina di bracciali di materiale fossile, una decina di fibule di bronzo caratteristiche di La Tène B2, delle parti di armamento, delle fusaiole e dei frammenti di rametti di corallo grezzo. 39) KELLER 1866; LEJARS 2007-c e c.s. Questi oggetti sono stati recuperati fra il 1857 ed il 1865 nelle acque torbose del lago di Neuchâtel da pescatori che lavoravano per conto del colonnello Fr. Schwab, uno dei più grandi collezionisti di antichità lacustri del suo tempo. Alla sua morte la collezione, la seconda più importante per il sito La Tène, fu lasciata in eredità alla cittadina di Bienne, insieme ai fondi necessari alla costruzione di un museo. 40) LEJARS 2007-c e c.s. 418 41) Non vogliamo tener conto qui degli oggetti più antichi che si trovano allo stato frammentario (età del Bronzo e La Tène antico) nè dei più recenti (La Tène finale e periodo romano). Alla lettura dei documenti conservati ci appare chiaro, come osservò già P. Vouga, e più tardi J.M. De Navarro, che gli oggetti posteriori a La Tène medio sono stati ritrovati al di fuori dell’insediamento principale (si tratta per la maggior parte di fibule e monete). VOUGA 1923, p. 155; DE NAVARRO 1972. 42) Ne esiste un secondo, anch’esso in osso di forma più allungata (38 mm) e diviso in tre segmenti di dimensioni uguali. Solo uno dei segmenti laterali presenta una puntuazione leggermente marcata. VOUGA 1923, tav. L:18. 43) Bienne, Musée Schwab, nn. 3111-3120. 44) KELLER 1866, p. 294, tav. VII:25. Fig. 5: Giochi da tavolo, gettoni e dadi di marmo, La Tène (cantone di Neuchâtel). 419 diametro compreso fra i 18 ed i 20 mm. Per quanto riguarda invece il colore, esso varia indipendentemente dalla grandezza. L’utilizzo dei gettoni di calcare è attestato in Italia in più tombe bolognesi dei primi decenni del III sec. a.C.: la tomba Benacci 953 a Bologna e la tomba di Ceretolo a Casalecchio di Reno45. L’aspetto di tali gettoni è tuttavia ben lontano da quello regolare e ben levigato degli esemplari svizzeri. La forma sferica, tronca alla base, dei gettoni La Tène evoca invece quella dei gettoni della tomba 35 di Montefortino, ma in questo caso si tratta di gettoni di vetro di vari colori e non di artefatti litici46. Dei gettoni di pietra perfettamente levigata, di forma emisferica o sferica con base spianata, identici agli esemplari La Tène, sono attestati invece in diverse sepolture di IV e III sec. a.C., nell’importante centro etrusco-umbro di Todi di cui abbiamo già parlato. Oltre ai reperti esposti al Museo Municipale47, vogliamo ricordare quelli delle tombe I di San Raffaele e I di Santo Stefano48. I gettoni hanno la forma di sfere di marmo dalla base appiattita di colore nero, grigio, bianco o rosso e misurano dai 10 ai 23 mm di diametro. Alla luce di questi ultimi esempi, l’origine etrusco-italica dei gettoni lateniani ci appare indubitabile. Concludiamo l’excursus con una tomba femminile scoperta a Dürhen (Baden Württemberg), in Germania, nel 1865. Il corredo che accompagna la defunta (dei braccialetti di vetro e una fibula che rappresenta una variante del tipo Mötschwil)49 permette di datare l’insieme La Tène C2. I pezzi da gioco presenti sono costituiti da 17 gettoni di vetro a forma di bottone di colore blu scuro, giallo, bianco e incolore, da un piccolo gettone ovoidale di pietra e da un dado parallelepipedo di ardesia nera50. L’insieme, assai inabituale a quest’epoca quanto a contenuto e ricchezza, comprende anche una moneta d’argento (un quinario à la croix), due fibule d’argento, metallo molto raro nel mondo celtico, una fibula di ferro ornata da perle di materiale organico, un anello a spirale d’oro, delle perle e dei pendenti di vetro, lignite, ambra e bronzo, e ancora due specchi di bronzo, un paio di cesoie, una brocca, una patera di bronzo e un treppiede con cremagliera di ferro. Al di là del fatto che i ritrovamenti dei pezzi da gioco a nord delle Alpi attribuibili ad un periodo anteriore a La Tène finale siano ancora poco numerosi, la ricerca in questo campo risente inoltre della dispersione della documentazione, dell’assenza di inventari o cataloghi ragionati e dello scarso interesse che questo genere di corredo ha suscitato presso gli specialisti dell’età del Ferro. J. Déchelette, che ha tracciato un panorama completo della civiltà celtica, è senza dubbio uno dei pochi specialisti ad aver dedicato qualche pagina a tale soggetto51. I dadi ed i gettoni trovati in gran numero a Stradonice (in Boemia), lo hanno condotto a ricercare l’origine del gioco dei dadi nelle province celtiche dell’Italia settentrionale. Ancor più importante, dopo aver segnalato i pochi ritrovamenti di dadi a nord delle Alpi in contesti La Tène antico (MagnyLambert) e medio (La Tène), ha osservato che nelle sepolture di Bologna e Montefortino la loro presenza è molto spesso associata a quella dei gettoni. La recente scoperta di un corredo da gioco completo a Stanway, in Inghilterra, di un periodo di gran lunga più recente, ha attirato l’attenzione sulla questione dei giochi da tavolo. L’insieme è infatti datato metà del I sec. d.C. Le ossa incinerate sono state deposte sopra un tavolo da gioco sul quale erano disposte due file di pedine, una di vetro bianco e l’altra di vetro blu. L’interpretazione più convincente è quella che identifica tali oggetti col gioco romano dei latroncules, al quale il defunto sarebbe stato iniziato in seguito al contatto con la legione romana della vicina città di Camulodunum52. Bisogna inoltre aggiungere che gli esempi più antichi di oggetti ludici ritrovati a nord delle Alpi provengono per lo più da contesti domestici. Non ci si stupirà quindi di trovarvi degli oggetti isolati e non in serie omogenee come quelle di La Tène e Dühren. Tali ritrovamenti si inseriscono in un arco di tempo di poco più di un secolo che va da La Tène B2 a La Tène C2 (III 45) VITALI 1992, pp. 293, 388, tavv. 38-39 e 60. 46) BRIZIO 1901, pp. 91, 157, tav. XI; DÉCHELETTE 1914, p. 1397, fig. 623:19. 50) POLENZ 1982, p. 64. I gettoni di vetro misurano circa 14 mm di diametro per 10 mm d’altezza, mentre quello di pietra conta un’altezza di 20 mm. Il dado è lungo 28 mm e alto 18 mm: non viene specificato se esso sia o meno numerato. 47) FALCONI AMORELLI et Al. 1977, pp. 200-201, tav. C. 51) DÉCHELETTE 1914, pp. 1396-1398. 48) DOMINICI 1891, p. 334; BECATTI 1935, p. 301. 52) CRUMMY 2002; VERGER 2002. 49) POLENZ 1982, pp. 58-65, figg. 4-6, e bibl. pp. 64-65. 420 e inizio II sec. a.C.)53. I gettoni di vetro (blu, blu con decoro spiraliforme biancastro e verdi) e di marmo provengono senza ombra di dubbio da territori etrusco-italici dell’Italia centrale. E infatti proprio in queste regioni, in cui esiste una tradizione antica di giochi da tavolo, ritroviamo gli esempi che più si avvicinano agli equivalenti transalpini54. Per quanto riguarda i dadi da gioco invece, l’origine mediterranea risulta, come abbiamo visto, più discutibile. I dadi d’osso e d’avorio che durante l’ellenismo son presenti in gran numero nei corredi etrusco-italici, non hanno, per il momento, un esempio equivalente a nord delle Alpi55. I dadi di forma parallelepipeda che predominano nei contesti funerari bolognesi di epoca arcaica e classica, non sembrano più attestati dopo il V sec. a.C.56. Gli esempi di dado ritrovati al nord delle Alpi, tutti di forma allungata, ma di dimensioni alquanto variabili, sono per lo più realizzati in osso, qualche volta in avorio, ardesia o bronzo. La serie di Aulnat, ad esempio, con una lung. che oscilla fra 30-40 mm ed una largh. massima di 3-5 mm, si distingue da quelle etrusco-italiche. La parete laterale di tali dadi, particolarmente ristretta, aveva condotto lo stesso Dechelette a dubitare che si fossero potuti lanciare su un piano da gioco e ricadere sui lati più piccoli, ma anche a notare come essi fossero spesso numerati57. Da questo genere di osservazione si può facilmente passare alla questione dell’impiego nell’ambito della cultura celtica più in generale. È lecito chiedersi infatti se l’utilizzo di tali oggetti non fosse riservato ad altre attività, di tipo non ludico, come ad esempio le pratiche divinatorie, ed in particolare la cleromanzia58. In Grecia dei sassolini di forma o colore diverso (lithobolia, psêphomanteia o psêphobolia, thriobolia), delle fave nere o bianche (kuamobolia), dei bastoncini segnati da tacche (rabdomanteia), delle frecce (belomanteia), degli ossicini (astragalomanteia) o proprio dei dadi (kubomanteia), erano sufficienti per ottenere dagli dei, e in particolare da Ermes, protettore e garante della cleromanzia, una risposta positiva o negativa. Gli antichi contesti funebri celtici – quelli senoni e boii d’Italia – spingono a credere al tempo stesso che i popoli nord alpini avessero già acquisito la conoscenza dei giochi da tavolo e che li avessero praticati entro una certa misura. Se la consuetudine del gioco è prima di tutto un’attività prettamente mascolina, le donne non sembrano tuttavia disdegnarla (tomba II di Filottrano, tomba 23 di Montefortino, Dühren). A parte il prezioso esempio di Stanway dove si può disporre del gioco completo con i gettoni disposti secondo l’ordine della “battaglia”, in generale conosciamo ben poco sulla disposizione delle pedine. Nella tomba Benacci 953 di Bologna i dadi e le pedine sono raggruppati e disposti alla destra del defunto fra i vasi di bronzo (dalla parte della testa) e le armi (dalla parte dei piedi)59. Nella tomba 23 di Montefortino i tre dadi e i diciannove gettoni sono deposti ai piedi della defunta60. Il guerriero della tomba 35, invece, disponeva di un corredo composto da due dadi e dodici pedine che erano state deposte ai suoi piedi con le cesoie su una specie di supporto di legno di cui non restano che delle tracce lignee ed una serie di chiodi di bronzo (un tavolo da gioco?). Dei cinque gettoni della tomba II di Filottrano non se ne conosce invece la collocazione. Nelle tombe di Perugia si contano due dadi per quindici gettoni nella tomba Febbraio 1886, e due dadi e undici gettoni nella tomba 14/15 giugno 188661. A Todi si conta un dado per 22 gettoni nella tomba XXVII e soltanto dodici gettoni nella tomba V. A Perugia come a Todi la loro collocazione nella sepoltura non è conosciuta; ad Aleria le pedine sono deposte accanto alla testa del defunto. Il numero di pezzi, estremamente variabile, non consente purtroppo di identificare delle disposizioni tipo. 53) Bisogna aggiungere alla nostra lista un dado d’osso di forma parallelepipeda trovato a Slatina, in Slovenia, in una tomba di guerriero datata La Tène C2 (tomba 10). Il dado non è tuttavia associato ad alcun gettone. Kelti na Celjsken, tav. 11. 54) CHERICI 2001, con uno studio sul gioco come riflesso delle pratiche sociali. Per quanto riguarda i giochi da tavolo nell’antichità si farà riferimento ai lemmi Latrunculi e tessera di G. Lafaye, pubblicati nel Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines di DAREMBERG-SAGLIO 1877. 55) Il dado d’osso di Lattes (secondo quarto del V sec. a.C.) resta un caso isolato, PY 2009, p. 261. L’origine centro-italica del dado non è affatto inverosimile dato che la fase iniziale dell’emporio di Lattara è dominata dai contatti e dagli scambi col mondo etrusco, PY 2009, p. 284. 56) Ad eccezione della tomba 66 della Certosa, datata alla prima metà del IV sec. a.C.: VITALI 1992, p. 98, tav. I. 57) DÉCHELETTE 1914, p. 1398. 58) DAREMBERG-SAGLIO 1877, art. Divinatio, Mode de divination expérimentale qui emploie comme agent révélateur un mouvement provoqué par l’homme et dirigé par le hasard, celui-ci étant considéré comme l’expression immédiate de la volonté divine. 59) VITALI 1992, p. 283-294. 60) BRIZIO 1901, p. 74; LANDOLFI 2002, p. 265. 61) Nelle tombe con armi inventariate da CHERICI 2002, non si costata nessuna regola nelle modalità di deposizione (assenza di elementi da gioco, soli dadi o soli gettoni o dadi e gettoni insieme). 421 Pur non dubitando dell’origine centro-italica dei pezzi da gioco trovati a nord delle Alpi, possiamo tuttavia interrogarci sulle modalità della loro acquisizione. La quantità degli oggetti e la distribuzione aleatoria dei reperti ne rendono poco probabile una diffusione nell’ambito degli scambi commerciali. In un recente articolo A.M. Adam62 ha dimostrato come la Gallia interna del IV e III secolo sembri poco toccata da questa attività. Accanto ad una rete di scambi più o meno organizzata bisogna infatti ricordare il fenomeno degli spostamenti di persone, di gruppi o di individui, che in un momento particolarmente segnato da incessanti flussi migratori, ha contribuito allo spostamento stesso di oggetti. Fra i corredi della penisola trattati fino a questo momento figurano quelli di guerrieri armati, nella maggior parte dei casi, di spade del tipo lateniano. Se l’origine celtica degli individui dei centri etruschi (Perugia) ed umbro-etruschi (Todi) è discutibile, anche se non improbabile (Celti installatisi da poco o individui adottanti usi celtici)63, quella degli individui inumati nelle necropoli senoni non pare in nessun modo contestabile. Dobbiamo ricordare a questo punto come l’inizio del III sec. a.C. segni una svolta drammatica nella storia dei popoli celtici cispadani. I Senoni ed i Sanniti loro alleati vengono battuti una prima volta a Sentinum nel 295 e poi annientati nel 285. Polibio precisa che i Senoni vennero o uccisi o espulsi e che i Romani presero il controllo del territorio (la colonia di Sena venne fondata nel 283 e nel 268 venne fondata Ariminum). Se è da ritenere verosimile, ma non certa, l’eventualità della sopravvivenza di una percentuale ridotta della popolazione gallica che non si sia necessariamente impoverita (se fosse confermata l’ipotesi che le ultime ricche tombe femminili di Montefortino fossero ben celtiche), ci sembra indubitabile che questa sia stata privata di qualsivoglia iniziativa politica64. È dunque plausibile che in tali circostanze alcuni dei suoi membri abbiano preferito fuggire alla volta di altri territori celtici o, meglio ancora, per unirsi a gruppi di guerrieri pronti a vendere le loro prestazioni. In ogni caso le testimonianze archeologiche riguardanti questa ipotesi sono ancora scarse. Gli oggetti lateniani che avrebbero potuto infatti testimoniare di tali vagabondaggi sono difficilmente individuabili, considerata l’omogeneità formale, tecnica e ornamentale delle produzioni metalliche fra le più significative (sia armi che fibule). Stesso discorso vale per gli utensili etruschi legati al cerimoniale simposiaco e utilizzati dalle popolazioni celtiche cispadane. Il ritrovamento a PlessisGassot, vicino Parigi, di una tomba di guerriero con una kylix ed una ciotola a vernice nera deposte l’una sull’altra, costituisce tuttavia un’eccezione degna di nota65. Questi vasi di produzione volterrana sono identici a quelli trovati nelle sepolture celtiche di Bologna66, Monte Bibele67 e di Monterenzio Vecchia68. Tale incidenza è tanto più degna di nota in quanto la kylix designa nei corredi maschili la consumazione del vino in contesto simposiaco alla stessa maniera dei Greci e degli Etruschi. Fino ad ora solo una tomba scoperta nel 1862 ad Ollon, nel Valais (Svizzera), aveva fornito una kylix a vernice nera69. Si tratta ancora una volta di una tomba di guerriero. La kylix di Ollon, come i vasi di Plessis-Gassot, sono analoghi a quelli presenti nella sequenza tipo-cronologica di Monte Bibele. Anche in questo caso sono da escludere delle importazioni attraverso canali puramente commerciali. La loro presenza nelle tombe significherebbe più che altro l’adozione, fra le comunità emiliane, di costumi funerari largamente diffusi nell’Italia centro-settentrionale nella seconda metà del IV e la prima metà del III sec. a.C. Questa moda non sembrerebbe tuttavia aver interessato le élites transalpine. Si può invece più verosimilmente supporre che tali singolari deposizioni siano da attribuire ad individui che abbiano trascorso una parte della propria esistenza presso popolazioni celtiche d’Italia, e che lo stesso valga per chi ha introdotto in Gallia gli oggetti – dadi e gettoni – e 62) ADAM 2007. 67) VITALI 2003; PARRINI 2008. 63) Vogliamo ricordare solo a titolo informativo l’iscrizione funebre bilingue di Todi (in latino e celtico) datata I sec. a.C., testimonianza dell’insediamento di una famiglia celtica in Umbria che sarebbe stata in grado di preservare la propria lingua ed i propri costumi per un certo tempo; SANTORO et Al. 1978, pp. 268-269; LAMBERT 1997, pp. 74-76; MORANDI 2004, pp. 701-703. 68) DELLA CASA et Al. 2008. 64) PEYRE 1979, p. 44. 65) GINOUX 2009. 66) VITALI 1992. 422 69) KEANEL 1990, pp. 85-87, tavv. 18-19. Dei frammenti di ceramica a vernice nera sono stati identificati su più siti della valle del Rhône, così come a Aulnat (cfr. supra), Bourges (Cher) e Lacoste (Gironde); ADAM 2007, p. 256. Possiamo allo stesso modo far menzione della lucerna di probabile fattura magno-greca della tomba 29 di Gourgançon-les Poplainnaux in Champagne. La fibula di ferro di schema La Tène II permette di datare il corredo III sec. a.C.; Les Celtes en Champagne, pp. 197, 199. le pratiche del gioco da tavolo. L’esempio dei gettoni blu a decoro spiraliforme biancastro della bassa valle della Loira non ci riconduce così all’Emilia, bensì alle Marche e agli insediamenti senoni dell’Adriatico, o ancora all’Umbria, come nel caso dei gettoni di marmo. Così, per concludere, possiamo osservare come, attraverso l’analisi di semplici oggetti in apparenza ordinari, si possa arrivare ad individuare e delimitare geograficamente gli itinerari, a volte capricciosi, che hanno segnato l’esistenza di alcuni individui mercenari, avventurieri o, perché no, di qualche Senone fuggito da Sentinum in cerca di nuove terre... Manuela Diliberto Ecole doctorale VI (ED 124): Histoire de l’art et archéologie Institut d’art et d’archéologie 3 rue Michelet F-75006 Paris mdiliberto@email.com Thierry Lejars Umr 8546-Laboratoire d’archéologie ENS 45 rue d’Ulm F-75230 Paris cedex 05 thierry.lejars@ens.fr Summary Celtic mobility. About a Central Italic pawn game found in Gaul. A blue glass pawn game (tessera lusoria) decorated with a white spiral was found in the site of Vieux-Poitiers (Poitou); it should be referred to a type dated from the 4th-3rd century BC, of Central Italic origin. The diffusion of this kind of objects used in a game that should have gained a great popularity in Roman Age, is probably not linked to trade relations, but it could be connected to individual moving. The dices and pawns found in a very few Transalpine graves should indicate the presence of individuals close to Celtic Italic groups, such as the Senoni of the Adriatic area or the people from Umbria region who introduced the table game once back to Gaul. It is interesting to find out how single objects could have traversed routes crossed by some individuals, such as adventurers or, why not, a Senon escaping from the battle of Sentinum... Riferimenti bibliografici ADAM A.-M. 2007 Les importations méditerranéennes en Gaule interne aux IV e et III e siècles avant notr e èr e, in Chr. MENNESSIER JOUANNET-A.M. ADAM-P.Y. MILCENT (eds.), La Gaule dans son contexte européen aux IVe et IIIe siècles avant notre ère, Actes du XXVIIe colloque international de l’Ass. 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